Articolo CronoStorie Lanco – Ascesa, gloria e riscoperta di un marchio leggendario

Lanco – Ascesa, gloria e riscoperta di un marchio leggendario

Alle origini di Lanco: dalla cicoria agli orologi

Immaginate un piccolo villaggio svizzero nella seconda metà dell’Ottocento. A Langendorf, nel 1873, il colonnello Johann Viktor Kottmann converte una fabbrica di cicoria in un laboratorio di orologeria, gettando le basi di quella che diventerà la Langendorf Watch Company. L’inizio non fu facile: verso il 1880 l’azienda sfiorò il fallimento a causa di problemi organizzativi e persino di episodi di alcolismo tra gli operai. Eppure, da questa crisi emerse una straordinaria storia di resilienza e innovazione. Johann Viktor e il figlio Karl riorganizzarono la produzione, assumendo esperti orologiai dalla Svizzera francese, e soprattutto si presero cura della loro comunità di lavoratori. Langendorf divenne un esempio di responsabilità sociale d’impresa ante litteram: furono costruite abitazioni e scuole per gli operai, installata l’illuminazione elettrica nel paese e persino fondata una società di mutuo soccorso che esiste ancora oggi. In pochi anni la fabbrica rifiorì: alla fine degli anni 1880, ribattezzata Langendorf Watch Company (LWC), contava centinaia di dipendenti e produceva migliaia di movimenti al giorno, diventando probabilmente il più grande produttore mondiale dell’epoca. I segnatempo di Langendorf iniziavano così a farsi un nome, preludio alla nascita di un marchio destinato a diventare leggendario: Lanco.

La nascita del marchio e l’epoca d’oro di Lanco

Per decenni la Langendorf Watch Company produsse movimenti e orologi per terzi, perfezionando la sua manifattura. Nel corso degli anni ’30 realizzò anche orologi speciali, come modelli per l’aviazione militare e persino originali orologi “salterello” (jump hour). Ma è nel secondo dopoguerra che Langendorf vive la sua età dell’oro: durante gli anni ’50 l’azienda, guidata dalla famiglia Kottmann da generazioni, compie il passo decisivo di lanciare un proprio marchio commerciale. Nasce così Lanco – termine che riprende le prime lettere di LANgendorf Watch COmpany – destinato a identificare gli orologi di punta della casa. La collezione Lanco debutta alla fine degli anni ’50 e riscuote subito un enorme successo.

Nel pieno del boom economico, Lanco diventa sinonimo di qualità svizzera accessibile. Un’inserzione pubblicitaria dell’epoca vantava che “veniva venduto un Lanco ogni 5 minuti” – segno che questi orologi erano diffusissimi e amati dal grande pubblico. Il segreto del loro successo? Una combinazione di prezzo concorrenziale e affidabilità, frutto della grande esperienza manifatturiera di Langendorf. I movimenti erano progettati e costruiti in-house, con attenzione a dettagli allora non scontati: ad esempio, molti modelli Lanco degli anni ’50 montavano indici e lancette luminescenti al radio, garantendo leggibilità al buio – un particolare di pregio che diversi concorrenti non offrivano. Il tutto racchiuso in casse robuste ma eleganti: già nel 1945 Lanco proponeva orologi di grandi dimensioni (36-37 mm) per l’epoca, anticipando i gusti futuri. Insomma, un Lanco al polso negli anni ’50 rappresentava spesso il primo “vero” orologio svizzero per la gente comune – un piccolo lusso accessibile, simbolo di status e di progresso tecnologico nel periodo del boom.

Lanco Mod. 11 e De Luxe: l’orologio del popolo

Di Clyde94 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=122682974

Il modello che più di ogni altro incarna il trionfo di Lanco negli anni ’50 è il leggendario Lanco Modello 11. Introdotto nella seconda metà degli anni ’40, il “Mod. 11” è un orologio solo tempo semplice e robusto, offerto a un prezzo competitivo ma con standard qualitativi elevati. La cassa in metallo cromato da 37 mm – insolitamente ampia per l’epoca – racchiudeva un movimento meccanico di manifattura, inizialmente il calibro Langendorf 1222 poi evoluto nel 1305. Quest’ultimo introduceva migliorie tecniche importanti: maggiore resistenza ai campi magnetici, dispositivo antiurto e un aumento della frequenza di oscillazione. Visivamente, il Mod. 11 si presentava con quadrante pulito e leggibile, spesso dotato di numeri arabi applicati e di lancette al radio per la lettura notturna. Ne venne realizzata anche una versione estetica più raffinata, il Mod. 11 “De Luxe”, riconoscibile per il quadrante decorato con un fine motivo guilloché a nido d’ape che gli conferiva un aspetto lussuoso. Questa variante univa eleganza e funzionalità, mantenendo invariata la sostanza meccanica del Mod. 11 standard. Grazie alla sua affidabilità e all’ottimo rapporto qualità-prezzo, il Lanco Mod. 11 divenne un campione di vendite e un compagno fedele per migliaia di clienti. Per oltre un decennio – fino ai primi anni ’60 – un Modello 11 era venduto ogni pochi minuti in qualche parte del mondo, scandendo il tempo di un’intera generazione.

Accanto al Mod. 11, Lanco seppe diversificare la propria offerta già negli anni Cinquanta. Un esempio è il Lanco Sport, essentially una variante del Mod. 11 dotata di caratteristiche “tecniche”: impermeabilità, resistenza agli urti e antimagnetismo. Pensato per un utilizzo più dinamico, il Lanco Sport anticipava il concetto di orologio sportivo-versatile molto prima che diventasse una moda diffusa. Sempre in quel periodo Lanco iniziò a guardare anche oltre oceano: sul finire degli anni ’50 il marchio sbarcò con successo negli Stati Uniti, aprendo persino una propria fabbrica oltreoceano per assemblare orologi destinati a quel mercato. Anche in America i segnatempo Lanco si fecero apprezzare per la loro qualità alla portata di tutti, contribuendo a diffondere il nome del brand su scala internazionale.

Il Lanco-Fon e la sfida delle sveglie da polso

Tra i modelli più curiosi e innovativi lanciati da Lanco nel periodo d’oro vi è il Lanco-Fon, presentato nel 1950. Si tratta di un piccolo capolavoro di micro-meccanica: un orologio da polso con sveglia meccanica integrata. All’epoca, gli orologi-sveglia da polso erano una rarità assoluta – il Vulcain Cricket era praticamente l’unico altro esempio famoso – e Lanco decise di raccogliere la sfida. Il Lanco-Fon montava un calibro di manifattura (il Langendorf 1243) con un complesso modulo di suoneria. Tecnicalmente funzionava tramite un secondo bariletto e un martelletto interno che faceva vibrare la cassa all’ora impostata, emettendo un caratteristico ronzio. Per rendere il tutto più intuitivo, Lanco introdusse un’idea ingegnosa: una finestrella al 12 con un dischetto che segnalava lo stato della sveglia – rosso visibile significava sveglia inserita, bianco significava sveglia disattivata. Questo dettaglio permetteva al proprietario di capire a colpo d’occhio se l’allarme fosse attivo, una piccola comodità molto apprezzata. Il Lanco-Fon, con il suo nome che richiamava il suono (“-fon”), divenne ben presto un oggetto del desiderio per gli appassionati di orologi complicati. Pur non avendo la risonanza del rivale Cricket di Vulcain, rappresentò il tentativo di Lanco di competere in termini di innovazione. Ancora oggi, trovarne uno funzionante è motivo di entusiasmo per i collezionisti di orologi vintage: il suono gracchiante della sua sveglia riporta immediatamente all’atmosfera di metà Novecento, quando svegliarsi con un orologio al polso sembrava una piccola magia del futuro.

Barracuda e Seaborn: l’era degli orologi subacquei

Con l’arrivo degli anni ’60, il mondo dell’orologeria vede emergere una nuova tendenza: l’orologio subacqueo. Lanco, sempre attenta alle evoluzioni del mercato, non restò a guardare. Nel pieno della “febbre dei diver” presentò il suo modello destinato a entrare nel mito: il Lanco Barracuda. Il Barracuda – il cui nome evoca il veloce pesce tropicale – fu declinato in varie versioni, sia con ghiera girevole esterna tipo “skin diver” tradizionale, sia con ghiera interna co-axiale (in stile Super Compressor). Tutte le versioni condividevano un elemento fondamentale: un’eccezionale leggibilità del quadrante, con indici generosi e lancette spesse cariche di materiale luminescente. Sul quadrante campeggiava spesso la scritta “Barracuda” in un caratteristico font corsivo, che divenne essa stessa parte del design iconico dell’orologio.

Dal punto di vista tecnico, il Lanco Barracuda vantava le caratteristiche richieste a un vero orologio da immersione: cassa in acciaio robusta, fondello serrato a vite con incise le diciture “Garantito 20 atmosfere, testato 30” (indicazione della tenuta stagna fino a 200 metri, collaudata fino a 300), corona serrata e un movimento automatico affidabile. Fu anche uno degli ultimi modelli Lanco a montare un calibro di manifattura, il Langendorf 1146 a carica automatica con datario, prima che la casa iniziasse ad adottare movimenti esterni nelle produzioni successive. Il Barracuda univa quindi tradizione costruttiva Lanco e nuove esigenze sportive, risultando in un segnatempo affascinante sia esteticamente sia tecnicamente.

Presentato alla fine dei ’60, il Barracuda divenne immediatamente il fiore all’occhiello di Lanco in ambito sportivo e oggi è considerato il modello Lanco più ricercato e valorizzato sul mercato vintage. A fianco del Barracuda, Lanco propose anche il modello Seaborn, un altro diver disponibile sia in versione completamente subacquea sia in versione solo “water resistant” (resistente agli schizzi e nuoto superficiale). I Seaborn si distinguevano per la cassa a forma “cuscino”, molto in voga tra fine anni ’60 e primi ’70. Pur non raggiungendo lo status leggendario del Barracuda, i Seaborn arricchirono la gamma Lanco offrendo alternative stilistiche ai subacquei, con un design squadrato e moderno che strizzava l’occhio alle tendenze dell’epoca.

Automatici, cronografi e design creativi

Negli stessi anni Lanco ampliò il catalogo con altre novità, mostrando versatilità e creatività. Già nei ’50 aveva introdotto movimenti automatici: celebre il Lanco-Matic, un modello dotato di movimento a carica automatica con “martelletto” (il meccanismo di carica a bilanciere, precursore dei rotori odierni). Questo segnò l’ingresso di Lanco nell’era degli automatici economici, permettendo ai clienti di non doversi preoccupare della ricarica quotidiana manuale. Nel decennio successivo, Lanco perfezionò ulteriormente i propri calibri automatici – come visto col Barracuda – ma per ottimizzare i costi iniziò anche a utilizzare movimenti automatici derivati da Tissot, dopo l’ingresso nel gruppo SSIH (di cui diremo a breve).

La creatività Lanco si espresse anche nel design dei quadranti. Un esempio curioso è il cosiddetto “Disco Volante”, soprannome dato ad alcuni modelli degli anni ’50 con un grande decoro centrale a forma di fiore che ricordava, appunto, una flying saucer spaziale. Era un periodo in cui la fantascienza influenzava il gusto popolare, e Lanco non mancò di inserire un tocco di originalità nei suoi segnatempo civetta. Altri modelli, come il Lanco Micro-Tecnic, presentavano quadranti geometrici a losanghe, anticipando lo stile optical che sarebbe esploso più avanti. Vi furono persino edizioni personalizzate per il mercato italiano, commissionate dall’importatore Sarcar, con particolari unici destinati al nostro pubblico esigente.

Non mancava poi a catalogo un cronografo Lanco: pur non avendo un “nome” altisonante, negli anni ’60 la maison produsse alcuni cronografi a due contatori (bi-compax), affidandosi a calibri di fornitori specializzati. In particolare utilizzò movimenti Landeron e Valjoux (come il celebre 7733) per garantire prestazioni precise nei suoi cronografi. Verso la fine degli anni ’60, per contenere i costi, Lanco arrivò a proporre un cronografo economico con movimento EB 8420 a pin-lever (sfere senza ancora in rubini), un compromesso tecnico destinato a chi voleva un orologio con funzione cronografica spendendo il minimo. Anche questo testimonia la volontà di Lanco di esplorare tutte le fasce di mercato, dai prodotti di alta qualità a quelli più popolari, pur di restare competitiva in un’industria in rapido cambiamento.

Il mito di Lanco: prestigio e cultura negli anni del boom

Nel periodo del suo massimo splendore – grosso modo dalla metà dei ’50 alla metà dei ’60 – Lanco divenne un piccolo mito dell’orologeria popolare. Pur non avendo il blasone di marchi storici come Omega o Longines, seppe conquistare il cuore di un vasto pubblico. In molti Paesi europei, Italia compresa, regalare un Lanco per una ricorrenza speciale (come la laurea, un anniversario o il pensionamento) era un gesto denso di significato: voleva dire donare un oggetto bello, utile e duraturo, espressione di gusto e attenzione per la qualità svizzera. Non a caso, parecchi Lanco portano incise dediche sul fondello – segno di quanto venissero scelti come orologi celebrativi e affettivi. Ad esempio, su un delicato Lanco da donna degli anni ’50 conservato in collezione è incisa una data del 1956 in occasione di un regalo di pensionamento. Ciò dimostra come questo marchio fosse entrato nella vita quotidiana e sentimentale di molte persone.

Di EMore98 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=159030881

Culturalmente, Lanco interpretò appieno lo spirito del suo tempo. Negli anni ’50 il messaggio pubblicitario “Lanco, Universally Famous” (Lanco, famoso in tutto il mondo) esaltava l’orgoglio tecnologico di una Svizzera orologiera che esportava precisione ovunque. Il design dei suoi orologi, dal classico Mod. 11 ai fantasiosi “Disco Volante”, rifletteva i gusti e i sogni dell’epoca: la sobrietà elegante del dopoguerra, la passione per lo spazio, la voglia di dinamismo. Persino l’evoluzione del logo Lanco rispecchia i cambiamenti culturali: inizialmente una semplice stellina a richiamare l’idea di luce e guida; poi, negli anni ’60, una “L” corsiva più moderna e infine una “L” inscritta in un cerchio, quasi a simboleggiare un piccolo orologio stilizzato. Questo ultimo logo, soprannominato “Circle-L”, divenne il più noto e accompagnò il marchio nei suoi anni di massima diffusione. Vederlo stampato sulle insegne dei negozi o sulle confezioni significava riconoscere immediatamente un prodotto Lanco.

Anche dal punto di vista industriale, Lanco rappresentava un’eccellenza: nel 1959 la fabbrica di Langendorf arrivò ad impiegare circa 1500 operai e produceva più di 4000 orologi al giorno. Un imponente nuovo stabilimento di 10 piani dominava il villaggio, simbolo concreto del boom (oggi trasformato in un supermercato). Lanco era quindi, per la Svizzera orologiera, motivo di orgoglio nazionale e prova di come si potesse coniugare produzione di massa e qualità. La sua presenza sul mercato – accanto ai marchi più blasonati del gruppo Omega-Tissot – serviva a presidiare la fascia medio-popolare con prodotti affidabili e dal design accattivante. In un certo senso, Lanco democratizzò l’orologio svizzero, portandolo sul polso di impiegati, operai, studenti e non solo di manager o professionisti benestanti. Questa è forse l’eredità culturale più importante del marchio: aver reso il “segna tempo di precisione” un bene accessibile, diffuso e carico di significato sociale in un periodo di grandi cambiamenti.

Declino e tramonto: la fine di un’era

Come in molte saghe industriali, dopo l’apice arriva il momento delle sfide difficili. Per Lanco, i segnali di crisi iniziano a metà anni ’60. Nel 1964 la Langendorf Watch Company si unisce inizialmente al consorzio SGU (Schweizerische Gesellschaft für Uhrenindustrie), un raggruppamento di fabbriche svizzere. L’anno successivo, 1965, avviene un passaggio cruciale: Lanco viene acquisita dalla potente SSIH (Société Suisse pour l’Industrie Horlogère), il gruppo che già controllava Omega, Tissot e altri marchi. In pratica Lanco entra nell’orbita del futuro Swatch Group (che nascerà nel 1983 dalla fusione SSIH–ASUAG). Questo avrebbe potuto garantire solidità finanziaria e sinergie industriali, ma sancì anche la fine dell’indipendenza del marchio. Secondo alcune fonti l’effettiva integrazione in SSIH avvenne qualche anno dopo, nel 1971, forse in seguito alla scomparsa improvvisa dei fratelli Hans e Guido Kottmann, ultimi eredi di famiglia, nel 1964-65.

All’interno di SSIH, Lanco fu posizionata come brand di fascia medio-bassa, al di sotto di Tissot e Omega. L’obiettivo del gruppo era sfruttare Lanco per conquistare il mercato di massa, superando il milione di orologi venduti l’anno. In un primo momento la strategia parve funzionare: grazie al contributo di Lanco, SSIH raggiunse 1,7 milioni di pezzi annui entro il 1970. Tuttavia, proprio in quei primi anni ’70, l’industria orologiera svizzera venne travolta da una rivoluzione epocale: l’avvento degli orologi al quarzo giapponesi, precisi ed economici, che scatenò una crisi senza precedenti per i produttori tradizionali.

SSIH si trovò in difficoltà finanziarie e dovette operare drastiche razionalizzazioni. Nel 1972 fu deciso che Lanco cessasse la produzione interna di movimenti: d’ora in poi avrebbe utilizzato calibri forniti dalle consociate maggiori (Omega e Tissot) o da fornitori esterni, concentrandosi solo sull’assemblaggio e sulla produzione di quadranti e componenti. Questo fu l’inizio della fine. Privata della sua anima manifatturiera, Lanco perse gradualmente identità e prestigio. Ci furono tentativi di tenere vivo il marchio adattandolo ai tempi: nella seconda metà degli anni ’70 comparvero orologi Lanco con design più audaci e dimensioni maggiori (anticipando la moda oversize), nonché modelli digitali a LED/LCD con il logo Lanco sul quadrante. Addirittura Lanco montò il rivoluzionario movimento in plastica Tissot Astrolon in alcuni esemplari, segno di sperimentazione in extremi. Ma erano gli ultimi fuochi.

Verso la fine degli anni ’70, nonostante qualche nuovo lancio fino al 1979, le vendite continuarono a calare. Nel 1980 Lanco fermò definitivamente la produzione di orologi meccanici tradizionali. Gli ultimi esemplari usciti recavano un nuovo logo a forma di diamante sul quadrante – un restyling grafico finale – e alcuni modelli ricalcavano sfacciatamente nelle forme il Rolex Datejust, nel tentativo di attirare clienti con estetiche di moda. Erano venduti in semplici buste di cartoncino anziché nelle classiche scatole, con la dicitura “Lanco fa parte del gruppo SMH” stampata sopra (SMH era il nome iniziale dello Swatch Group). Era chiaro però che l’epoca di Lanco stava tramontando.

Nel giro di pochi anni, ciò che restava del glorioso marchio venne smantellato e ceduto. Una divisione di Lanco legata all’automazione industriale (chiamata “Lanco Economic”, specializzata in catene di montaggio) fu scorporata già nel 1981 per formare un’azienda indipendente. Il nome Lanco dunque passò nel 1982-83 a una società americana, la Lanco Integrated, operante nel settore dell’assemblaggio automatizzato. Di fatto, con questa vendita cessò ogni attività orologiera legata al marchio Lanco. La storica fabbrica di Langendorf venne chiusa e riconvertita: dal 1977 una parte ospita un centro commerciale Migros, e nel 2008 durante dei lavori di ristrutturazione è riemerso per un attimo un vecchio logo “LANCO” in cemento armato sulla facciata, prima che l’ultima porzione degli edifici originali venisse demolita. Una scena malinconica, quasi il saluto finale di un gigante addormentato.

Il fascino ritrovato: Lanco e i collezionisti contemporanei

Di Gestumblindi - Opera propria, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9909888

Finita la produzione, per qualche tempo il nome Lanco cadde nel silenzio. Ma la storia non terminò lì: oggi, a distanza di decenni, Lanco sta vivendo una seconda vita nel cuore dei collezionisti di orologi vintage. Con il crescente interesse verso gli orologi d’epoca degli anni ’50-’70, molti appassionati hanno riscoperto questi segnatempo un tempo “comuni” e li hanno rivalutati come autentiche gemme nascoste. In forum specializzati e gruppi di appassionati, Lanco è oggetto di discussione e ammirazione. C’è chi con orgoglio mostra il Lanco appartenuto al nonno, rimasto per anni in un cassetto e poi tornato a ticchettare dopo una revisione; c’è chi si vanta di aver trovato a un mercatino un Barracuda d’epoca a un prezzo stracciato, consapevole di aver riportato alla luce un pezzo di storia. In un celebre forum italiano di orologeria, addirittura, si è avviato un “censimento” delle Lanco nelle collezioni personali, con decine di utenti che condividono foto e racconti dei propri modelli – segno che tutti (o quasi) ne abbiamo avuto uno o lo stiamo cercando.

Il motivo di questo ritrovato fascino è duplice. Da un lato, gli orologi Lanco rappresentano perfettamente un’epoca: possederne uno significa indossare al polso un frammento di anni ’50 o ’60, con tutto il carico di storia e nostalgia che ne deriva. Dall’altro, molti modelli Lanco offrono ancora oggi un rapporto qualità-prezzo eccezionale nel mercato vintage. Ad esempio, un Lanco Barracuda originale – con movimento automatico svizzero e autentiche credenziali da diver storico – può essere acquistato a cifre molto inferiori rispetto a quelle di blasonati diver coevi di marchi più noti. Per parafrasare ironicamente un commento apparso su una rivista del settore, “se non hai 13.000 dollari per un Blancpain Fifty Fathoms Barakuda, con un paio di migliaia puoi portarti a casa un Lanco Barracuda!”. Ed è proprio così: il Barracuda, che un tempo era un “subacqueo democratico”, oggi è diventato un pezzo ambitissimo, con esemplari ben tenuti che sfiorano e talvolta superano i 1.500–2.000 euro sul mercato del collezionismo. Analogamente, un Lanco-Fon in buono stato permette di possedere un raro orologio con sveglia meccanica spendendo una frazione di quanto costerebbe un Vulcain Cricket. I cronografi Lanco con movimenti Valjoux, poi, offrono il fascino delle complicazioni vintage senza richiedere gli esborsi astronomici di marchi più blasonati.

Ma al di là del valore economico, ciò che attrae è l’autenticità di questi oggetti. Ogni Lanco porta con sé le tracce di chi lo ha indossato: graffi che raccontano di una vita vissuta, quadranti splendidamente patinati dal tempo, meccanismi che ticchettano instancabili a decenni di distanza. I collezionisti provano un vero affetto per Lanco perché sentono di salvare dall’oblio un patrimonio dell’orologeria. In un mondo in cui la produzione è sempre più globalizzata e standardizzata, recuperare un orologio nato in un paesino svizzero un secolo fa ha il sapore di un gesto romantico. Significa ridare voce a quella storia fatta di cicoria, di operai, di famiglie, di innovazioni coraggiose e di sfide vinte e perse.

Oggi il marchio Lanco, formalmente, appartiene allo Swatch Group (tramite acquisizioni e passaggi successivi) ed è utilizzato per una linea di orologi destinata ad alcuni mercati minori. Ma agli occhi dei cultori, Lanco non è un logo da sfruttare commercialmente: è piuttosto un simbolo di epoche lontane, un nome che evoca un’epopea industriale affascinante e un prodotto dall’anima genuina. Così, mentre probabilmente non vedremo nuovi orologi Lanco nelle vetrine delle gioiellerie, vedremo sempre più spesso vecchi Lanco al polso di intenditori orgogliosi. Ogni volta che uno di questi orologi torna a segnare il tempo, la storia ricomincia a vivere: il ticchettio di un Lanco vintage è come il racconto di un nonno, capace di emozionare ancora chi sa ascoltare.

In conclusione, la vicenda di Lanco assomiglia a un romanzo: c’è un inizio umile e sorprendente, un’ascesa folgorante, un apice di gloria e poi un declino amaro, ma infine c’è una rinascita nel ricordo e nella passione di chi colleziona. CronoStorie come questa ci insegnano che anche i marchi scomparsi possono continuare a vivere, sospesi tra passato e presente, ogni volta che un appassionato carica la corona e riporta in vita il cuore meccanico di un vecchio Lanco.

credits: Wikipedia - wiki.grail-watch.com - fratellowatches.com - www.ssongwatches.com - thenostalgiashop.co
immagini originali, non modificate, provenienti da archivio Wikipedia CC BY-SA 4.0.

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