immagine prima fabbrica della storia degli orologi Orient

Orologi Orient: la straordinaria storia di un marchio giapponese intramontabile

Gli orologi Orient rappresentano una delle eccellenze più riconosciute dell’orologeria giapponese, sinonimo di qualità, precisione ed eleganza. Fondato con l’obiettivo di offrire segnatempo di alta fattura a prezzi accessibili, il marchio è riuscito a conquistare il cuore di appassionati in tutto il mondo grazie alla combinazione di tradizione artigianale e tecnologia innovativa. In questo articolo ripercorriamo con fervore la storia di Orient, dalle umili origini ai successi globali, esplorando curiosità e aneddoti che hanno reso questo brand un’icona intramontabile.

Le origini di Orient: dal piccolo negozio alla nascita di un sogno

Immaginate Tokyo all’alba del XX secolo: nel 1901 un giovane imprenditore di nome Shogoro Yoshida apre un piccolo negozio di orologi nel quartiere di Ueno. In un’epoca in cui l’orologeria giapponese muoveva i primi passi, Yoshida sognava di portare il tempo nelle mani della gente comune con strumenti affidabili e raffinati. Per i primi anni egli si dedicò all’importazione e vendita di orologi da tasca e pendole, ma la sua passione andava oltre il semplice commercio: già nel 1913 Yoshida iniziò a produrre in proprio casse per orologi, gettando le basi per una futura manifattura.

Negli anni ’20 il sogno di Yoshida si espanse ulteriormente. Nel 1920 fondò la Toyo Tokei Manufacturing, una fabbrica dedicata alla produzione di orologi da tavolo e pendole. La qualità artigianale e l’ingegno giapponese permisero all’azienda di crescere: nel 1934 Toyo Tokei realizzò i suoi primi orologi da polso, assemblati in un modernissimo stabilimento a Hino, un edificio di quattro piani fiore all’occhiello dell’industria dell’epoca. Sembrava l’inizio di una gloriosa ascesa, ma la Storia aveva in serbo dure prove per il giovane marchio.

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale cambiò radicalmente il destino di Toyo Tokei. L’industria civile fu riconvertita per lo sforzo bellico: la fabbrica di Hino dovette interrompere la produzione di orologi e dedicarsi alla costruzione di equipaggiamenti militari. Al termine del conflitto, con il Giappone in difficoltà economiche, la vecchia azienda di Yoshida tentò di riprendere le attività ma presto si trovò in gravi ristrettezze finanziarie e fu costretta a chiudere. Sembrava la fine di un sogno. Tuttavia, lo spirito di resilienza giapponese non venne meno: i dipendenti della fabbrica, uniti dalla passione comune, decisero di prendere in mano il proprio destino.

Nel 1950, dalle ceneri della Toyo Tokei, nacque la Tama Keiki Company grazie all’iniziativa di quegli ex-dipendenti coraggiosi. Shogoro Yoshida, che aveva visto svanire la propria impresa durante la guerra, trovò una nuova speranza in questa rinascita. Già l’anno seguente, nell’aprile 1951, Tama Keiki cambiò ufficialmente nome in Orient Watch Company, Limited, segnando la fondazione formale del marchio Orient come lo conosciamo oggi. Fu un momento di svolta: dopo mezzo secolo di esperienze, tentativi e battute d’arresto, l’avventura di Orient poteva finalmente ricominciare sotto una nuova luce.

Già nei primi anni ’50, Orient mostrò ambizioni chiare e una visione rivolta al futuro. Uno dei primi atti della nuova Orient Watch Company fu assumere come consulente Tamotsu Aoki, professore emerito dell’Università di Tokyo e primo presidente dell’Istituto Orologiero del Giappone. Aoki, teorico illuminato, introdusse standard e metodologie avanzate che migliorarono sensibilmente la qualità e l’affidabilità degli orologi Orient. In quegli stessi anni il marchio scelse anche il proprio nome con un significato profetico: “Orient” in latino deriva da oriri, ovvero “sorgere” – un chiaro riferimento al sorgere del sole a est e simbolo di rinascita. Non un caso, ma una dichiarazione d’intenti: come il sole dell’Oriente, l’azienda voleva risorgere più splendente che mai e ambire al successo oltre i confini del Giappone.

Anni '50: la nascita di Orient Star e l’ascesa internazionale

ORIENT’s first mass-production watchORIENT’s first mass-production watch.

Sin dall’inizio della nuova vita nel 1951, Orient si pose l’obiettivo di competere a livello globale con prodotti di qualità elevata ma accessibili. Il primo orologio prodotto in serie dalla neonata Orient fu un semplice segnatempo meccanico a carica manuale con piccoli secondi, pensato per un pubblico ampio e dal prezzo contenuto. Ma accanto a questo modello basilare, il fondatore Yoshida e il suo team sognavano anche di creare una linea di orologi di prestigio, che mostrasse al mondo le capacità manifatturiere dell’azienda. Così, appena un anno dopo la rifondazione, nel 1952 Orient lanciò la linea Orient Star, destinata a diventare il fiore all’occhiello del marchio. Ispirato al concetto di una stella cadente (da cui il nome evocativo), il primo Orient Star presentava dettagli ricercati: sottili lancette azzurrate in acciaio, quadrante elegante e finiture di livello superiore rispetto ai modelli standard. All’interno batteva un nuovo movimento meccanico di manifattura Orient, sviluppato ad hoc con 10 o 15 rubini, in grado di offrire maggiore precisione e affidabilità rispetto ai calibri precedentiablogtowatch.com. In breve tempo Orient Star divenne il simbolo del savoir-faire dell’azienda, dimostrando che anche un marchio emergente giapponese poteva competere nell’alta orologeria accessibile.

ORIENT STAR first watch

ORIENT STAR first watch

Negli anni successivi, la spinta innovativa non si fermò. Orient continuò a migliorare i propri movimenti interni (detti “in-house”) e a diversificare l’offerta di prodotti. Nel 1957 vide la luce l’Orient Star Dynamic, evoluzione sportiva ed elegante della linea di punta, dotata di un nuovo movimento centrale “T-type” a secondi al centro – più robusto e dotato di molla Nivaflex – che sostituì i vecchi calibri prebellici. Parallelamente, l’azienda decise di puntare anche al segmento di lusso: nel 1958 lanciò il suo primo orologio di alta gamma, il Royal Orient, un modello raffinato e tecnico al tempo stesso. Il Royal Orient introdusse caratteristiche all’avanguardia per l’epoca, come la cassa impermeabile (una rarità negli anni ’50) e un nuovo movimento automatico di maggior diametro con 19 rubini, più stabile e preciso. Questa attenzione sia al design elegante che all’ingegneria del movimento posizionò Royal Orient ai vertici della produzione Orient e gettò le basi per futuri sviluppi prestigiosi.

Verso la fine degli anni ’50, Orient aveva ormai consolidato la propria presenza in patria e cominciava a guardare con decisione ai mercati esteri. Già entro il 1958-59 l’azienda avviò le esportazioni verso paesi come Taiwan, Stati Uniti, Canada, Iran e Brasile. In effetti, fin da quei primi anni le vendite internazionali di Orient superarono progressivamente quelle interne al Giappone, inaugurando una vocazione globale che sarebbe rimasta tratto distintivo del marchio. Con la fine del decennio, Orient poteva vantare una gamma completa di orologi meccanici affidabili e competitivi, dal più semplice modello quotidiano al sofisticato Royal Orient: un risultato straordinario se si pensa che appena dieci anni prima l’azienda doveva essere ricostruita dalle fondamenta.

Anni '60: innovazione tecnica e design audace

Gli anni ’60 proiettarono Orient in una fase di crescita ed entusiasmo creativo. Forte del successo domestico, il marchio affrontò le sfide del mercato globale puntando sull’innovazione sia tecnologica che estetica. Nel 1964 Orient seguì la tendenza mondiale del boom della subacquea sportiva lanciando il suo primo orologio diver con ghiera girevole e alta resistenza all’acqua, noto semplicemente come Orient Diver Origina. Quello stesso anno, l’azienda rivelò anche il suo movimento più ambizioso fino ad allora: il calibro Grand Prix 100, montato nell’omonimo modello Orient Grand Prix 100. Questo orologio lasciò a bocca aperta il settore per un dato tecnico quasi incredibile: il suo movimento automatico contava ben 100 rubini di incastonatura. In un’epoca in cui i produttori facevano a gara a chi dichiarava più rubini (spesso oltre le reali necessità tecniche, per ragioni di marketing), Orient stracciò la concorrenza con un numero a tre cifre, tanto impressionante quanto simbolico dell’expertise raggiunta. Il Grand Prix 100 simboleggiò la volontà di Orient di osare tecnicamente, guadagnandosi l’attenzione degli appassionati e addetti ai lavori di mezzo mondo.

calibro orient star

 

In parallelo ai progressi meccanici, Orient negli anni ’60 iniziò a sperimentare con il design dei suoi segnatempo, anticipando mode e tendenze. Seguendo il passaggio dell’orologio da semplice strumento a vero e proprio accessorio di stile, il marchio introdusse modelli dalle linee e dai colori audaci. Un esempio eccellente fu l’Orient Fineness (1967), un orologio ultrasottile che non sacrificava la funzionalità: il suo calibro automatico serie 3900 misurava appena 3,9 mm di spessore, facendo di questo modello il più sottile al mondo con datario e giorno integrati. Il Fineness combinava eleganza e innovazione tecnica, incarnando lo spirito di quell’epoca effervescente.

Sempre in cerca di distinguersi, Orient lanciò alla fine degli anni ’60 orologi dal look fuori dagli schemi: nel 1968 comparve l’Orient Racer F3, caratterizzato da una cassa ovale “a uovo” davvero originale. L’anno seguente (1969) fu la volta dell’Orient Nonscratch, che introduceva materiali o trattamenti del vetro e della cassa resistenti ai graffi – un’anteprima interessante per l’epoca. Ma il modello forse più distintivo arrivò nel 1970: l’Orient Chrono-Ace “Jaguar Focus”, un segnatempo diventato leggendario tra i collezionisti per il suo quadrante cangiante dai colori sfumati e la particolare cassa coussin (a cuscino) con vetro sfaccettato a nove facce. Questo orologio, con il suo nome grintoso e la presenza scenica esuberante, consolidò la reputazione di Orient come marchio capace di osare anche sul piano estetico, aggiungendo personalità e creatività ai propri prodotti.

Anni '70: la sfida del quarzo e la resilienza di Orient

I primi anni ’70 segnarono un punto di svolta cruciale per l’intera industria orologiera con l’avvento della tecnologia al quarzo. Mentre molti concorrenti giapponesi e svizzeri rimanevano spiazzati o convertivano massicciamente la produzione ai nuovi movimenti elettronici a batteria, Orient mantenne salda la propria identità di specialista dei movimenti meccanici. Nel 1971 l’azienda introdusse il nuovo calibro 46 a carica automatica, sviluppato interamente in-house: si trattava di un movimento più piccolo e sottile, dotato di dispositivo “magic lever” per un avvolgimento bidirezionale efficiente, destinato a diventare il pilastro della produzione Orient per i decenni successivi. Grazie a questo calibro robusto e preciso, Orient poté continuare a offrire orologi meccanici di qualità proprio mentre molti altri marchi abbandonavano temporaneamente il tradizionale bilanciere per il quarzo.

Orient Touchtron

Ciò non significa che Orient ignorò le nuove tecnologie: al contrario, dimostrò una grande capacità di adattamento senza rinunciare alla sua anima. Nel 1976 presentò l’Orient Touchtron, un orologio digitale a LED sviluppato in collaborazione con la giapponese Sharp, destinato a competere nell’era elettronica. Il Touchtron fu il primo orologio al mondo in cui l’ora si illuminava toccando la cassa, senza bisogno di premere pulsanti. Questa funzione futuristica – quasi fantascientifica per l’epoca – suscitò curiosità (sebbene in pratica potesse attivarsi accidentalmente, tanto che una seconda versione aggiunse un pulsante tradizionale). Con modelli come il Touchtron, Orient dimostrò di saper abbracciare l’innovazione e competere a testa alta anche nel nuovo panorama dominato dai quarzi e dagli schermi digitali.

Nonostante l’invasione degli orologi al quarzo a basso costo che mise in ginocchio tanti produttori tradizionali (la cosiddetta “crisi del quarzo”), Orient riuscì a resistere grazie alla diversificazione e a scelte oculate. Continuò a produrre orologi al quarzo e digitali per stare al passo col mercato, ma al contempo non abbandonò mai la linea meccanica, anzi la arricchì con modelli unici. Proprio negli anni ’70 nacque uno dei segnatempo Orient più originali e longevi: l’Orient Multi Year Calendar (prodotto per la prima volta nel 1976), un orologio automatico con un particolare calendario pluriennale sul quadrante che permetteva di leggere date e giorni di qualunque mese di qualunque anno, regolando la corona una sola volta al mese. Questo modello, con la sua complicazione insolita e utile, divenne nel tempo uno dei preferiti dai collezionisti e fu riproposto in edizioni successive, mantenendo vivo il fascino dell’orologeria meccanica “utilitaria” anche in piena era elettronica.

A fine anni ’70 Orient poteva dirsi vittoriosa: aveva superato la tempesta del quarzo conservando la propria tradizione e credibilità tra gli appassionati, pronta ad affrontare le sfide dei decenni a venire.

Anni '80 e '90: continuità meccanica e nuove ispirazioni

Superata la soglia degli anni ’80, Orient continuò a percorrere la propria strada fedele alle origini. Mentre consolidava la produzione di movimenti al quarzo per restare competitiva sul mercato di massa, non abbandonò mai le radici meccaniche. In effetti, Orient fu tra i pochissimi marchi a mantenere una quota importante di orologi automatici nel proprio catalogo (ancora circa il 70% della produzione negli anni 2000) anche quando il quarzo dominava il mercato. Questa scelta si rivelò lungimirante: verso la fine degli anni ’80 e inizio ’90, infatti, iniziò a rinascere nel pubblico un apprezzamento per la qualità artigianale e la bellezza dei movimenti tradizionali, gettando le basi per la rinascita dell’orologio meccanico.

Negli anni ’90 Orient colse quest’opportunità lanciando modelli che mettevano in risalto proprio il cuore meccanico pulsante dei suoi segnatempo. Un esempio affascinante fu l’Orient Mon Bijou (1991), un orologio scheletrato in cui il movimento era visibile attraverso la cassa trasparente. Il Mon Bijou, prodotto in serie limitata, vantava rifiniture manuali di pregio su ogni componente e mostrava orgogliosamente il funzionamento interno, ma rimase comunque un orologio accessibile in pieno stile Orient. Fu un successo che anticipò la tendenza degli orologi scheletrati e dimostrò ancora una volta l’impegno del marchio nel celebrare la meccanica tradizionale.

Allo stesso tempo, Orient ampliava la propria collezione con ispirazioni creative inedite. Gli anni ’90 videro anche l’introduzione della linea Orient Star Retro-Future, che univa elementi di design vintage a temi fantasiosi: celebre il modello Retro-Future Road Bike del 2009, ispirato al mondo delle biciclette d’epoca, con dettagli del quadrante e del bracciale che richiamavano telai e raggi di ruote. Insomma, Orient entrava nel XXI secolo forte di una storia lunga e affascinante, fatta di tradizione orologiera e spirito d’innovazione, pronta a scrivere nuovi capitoli.

Orient nel nuovo millennio: tra tradizione e nuove sfide

All’inizio degli anni 2000, Orient era ormai un nome di riferimento per gli appassionati, specialmente per coloro che cercavano orologi meccanici di qualità a prezzi contenuti. Il marchio continuava a mantenere un perfetto equilibrio tra artigianalità classica e innovazione moderna. Proprio nel 2004 Orient presentò con orgoglio quella che definì la sua opera maestra del momento: il nuovo Royal Orient. Questo segnatempo di alta gamma, assemblato in un’apposita officina di eccellenza (Orient Technical Center) inaugurata l’anno prima, montava un movimento meccanico di nuova concezione (calibro 88700) ed esibiva un design elegante che richiamava nel nome e nello stile il prestigioso Royal Orient del 1959, pur aggiornato al gusto contemporaneo. La prima serie del 2004 fu limitata a soli 100 esemplari, ma dal 2008 il Royal Orient entrò in produzione regolare, segno del continuo impegno del brand nel segmento di lusso accessibile.

Nel frattempo, dal punto di vista industriale, Orient andava incontro a cambiamenti societari importanti. Nel 2001 il gigante giapponese Seiko Epson acquisì il 51% di Orient Watch Company, diventandone azionista di maggioranza e iniziando un’integrazione graduale. L’operazione si completò nel 2009, quando Orient divenne al 100% una controllata del gruppo Seiko Epson. Questo passaggio portò benefici significativi: maggiori risorse, tecnologie condivise e una rete di distribuzione globale più forte. Nonostante ciò, Orient ha mantenuto la sua indipendenza creativa e l’identità di marchio: ancora oggi opera come entità distinta all’interno della galassia Epson, concentrandosi sui propri valori storici. Emblematico è il fatto che Orient continui a progettare e produrre internamente la maggior parte dei propri movimenti meccanici (tranne alcune eccezioni come i movimenti solari “Light-Powered” forniti in licenza da Citizen). Questa autonomia tecnica garantisce al marchio un controllo di qualità rigoroso e la possibilità di innovare seguendo la propria visione.

Oggi Orient propone un catalogo vasto e diversificato, che spazia dagli eleganti orologi classici da abito (molti dei quali appartenenti alla celebre linea Orient Star) fino ai robusti orologi sportivi subacquei come gli apprezzatissimi Orient Mako e Orient Ray, capaci di resistere fino a 200 metri sott’acqua. Non mancano inoltre modelli con complicazioni moderne come la visualizzazione dell’ora mondiale (World Time), fasi lunari, riserva di carica e naturalmente gli amati scheletrati e semi-scheletrati che mettono in mostra il movimento. Il filo conduttore, però, rimane sempre lo stesso: offrire orologi di qualità superiore al giusto prezzo, unendo precisione tecnica e cura nei dettagli estetici. Basti pensare al celebre Orient Bambino, un orologio classico da uomo dal design retrò e pulito, considerato da molti un punto di riferimento per chi vuole avvicinarsi al mondo degli orologi automatici senza spendere una fortuna. Con i suoi indici applicati, il vetro bombato e il quadrante sobrio, l’Orient Bambino incarna la filosofia Orient: eleganza senza tempo e meccanica affidabile alla portata di tutti.

In un’epoca dominata da smartwatch e display digitali, Orient continua a far sognare gli appassionati con i suoi segnatempo meccanici, custodendo gelosamente un’eredità che dura da oltre 70 anni. Ogni orologio Orient, dal più semplice al più complicato, racconta una storia di passione artigianale, innovazione e resilienza. È la storia di un marchio nato in un piccolo negozio di Tokyo, che ha attraversato guerre, rivoluzioni tecnologiche e cambi generazionali senza mai perdere la propria “stella polare”. Orient oggi brilla ancora, con il medesimo entusiasmo delle origini: che sia un classico Orient Star o un moderno diver Mako, al polso di chi lo indossa batte non solo un movimento di precisione, ma anche il cuore di una tradizione intramontabile. E come dice il nome stesso, Orient continua a “sorgere” ogni giorno, rinnovando la magia del tempo che passa e la bellezza dell’orologeria meccanica tradizionale.

Curiosità e aneddoti sul marchio di Orologi Orient

Oltre alla sua ricca storia, Orient è circondata da curiosità e aneddoti interessanti che ne sottolineano il fascino. Eccone alcuni:

  • In-house fino in fondo: a differenza di molti marchi che acquistano calibri da terzi, Orient ha la particolarità di produrre internamente la maggior parte dei propri movimenti meccanici sin dagli anni ’50. Questa scelta, mantenuta anche quando il quarzo sembrava destinato a dominare, ha permesso all’azienda di controllare la qualità in ogni dettaglio e distinguersi per affidabilità. Ancora oggi gli appassionati apprezzano i movimenti Orient per la loro robustezza e longevità.
  • Il significato del nome: come accennato, “Orient” non è solo un riferimento geografico all’Est, ma racchiude anche un messaggio simbolico. Deriva infatti dal latino oriens (participio di oriri), che significa “che sorge”. Una scelta poetica che richiama l’idea del sole nascente, metafora di speranza e rinascita – perfetta per un brand risorto dalle difficoltà e destinato a brillare nel mondo.
  • 100 rubini, record assoluto: l’Orient Grand Prix 100 del 1964 montava un movimento con 100 rubini, il numero più alto mai visto in un orologio da polso automatico dell’epoca. Naturalmente un tale numero di pietre era ben oltre il necessario (molti erano rubini decorativi o usati per vincere la “gara dei rubini” di quegli anni), ma servì a dimostrare le capacità tecniche di Orient e rimane ancora oggi un pezzo da collezione curiosissimo per i cultori.
  • Un orologio “touch” ante litteram: il già citato Orient Touchtron del 1976 fu un precursore dei tempi. Permetteva di attivare l’illuminazione del display LED semplicemente toccando la cassa con un dito, un’idea avveniristica e unica al mondo in quel momento. In un certo senso, Orient aveva introdotto il concetto di interazione tattile con l’orologio ben decenni prima degli smartwatch odierni.
  • Il Bambino e la riscoperta del classico: l’Orient Bambino merita un aneddoto a sé. Lanciato inizialmente negli anni 2000, questo orologio semplice ed elegante con datario ha conquistato gli appassionati giovani e meno giovani diventando un modello iconico. Il suo soprannome, “bambino”, pare sia nato affettuosamente tra i collezionisti per indicarne lo stile vintage quasi “infantile” nella sua purezza. Oggi il Bambino, giunto a varie edizioni e colorazioni (famosa ad esempio la versione con quadrante color champagne), è considerato uno degli orologi meccanici entry-level migliori al mondo per rapporto qualità/prezzo, spesso consigliato a chi vuole fare il primo passo nell’orologeria tradizionale.
  • Orient Mako: il subacqueo democratico: tra gli orologi sportivi, un posto d’onore spetta all’Orient Mako, l’orologio diver introdotto a metà anni 2000 e tuttora popolarissimo. Il Mako (seguito dalla variante Ray e dalle evoluzioni recenti come Kamasu e Mako III) offriva caratteristiche da vero subacqueo – cassa in acciaio, impermeabilità 200 m, lunetta girevole, movimento automatico affidabile – a un prezzo estremamente competitivo, circa poche centinaia di euro. Il nome “Mako” gli fu attribuito informalmente dalla comunità di appassionati (riferito al mako, un tipo di squalo) e poi adottato anche a livello commerciale. Questo segnatempo ha introdotto molti nel mondo degli orologi meccanici sportivi e rimane un best-seller per chi cerca avventura al polso senza spendere una fortuna.

In conclusione, la saga di Orient è fatta di conquiste tecniche, scelte coraggiose e amore per l’orologeria. Dall’umile negozietto di Yoshida nel 1901 al prestigio internazionale di oggi, il cammino di Orient insegna che tradizione e innovazione possono andare di pari passo. Ogni orologio Orient racconta un capitolo di questa storia: indossarlo significa portare con sé un pezzo di Giappone, un simbolo di perseveranza e passione senza tempo. Che sia la “stella” Orient Star, il Royal Orient degno di un re, il robusto Mako o il raffinato Bambino, il messaggio rimane immutato attraverso le generazioni: il tempo scorre, ma i valori autentici di Orient continuano a risplendere, oggi come ieri, sotto il sole nascente dell’Est.

 

Credits: orient-watch.com - Wikipedia - ablogtowatch.com - ilcorrierino.it

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