immagine rappresentativa della storia di Poljot

Poljot: la straordinaria epopea degli orologi russi

Le origini sovietiche della Prima Fabbrica di Mosca

La storia di Poljot affonda le radici nel 1930, quando nell’ambito del primo Piano Quinquennale sovietico fu fondata a Mosca la Prima Fabbrica Statale di Orologeria. Armata di macchinari importati dagli Stati Uniti (dalle aziende Dueber-Hampden e Ansonia) e accompagnata da tecnici americani, la nuova fabbrica mirava a produrre segnatempo di qualità paragonabile a quelli svizzeri. I primi prodotti furono 50 orologi da tasca “Tipo-1” basati su movimenti Hampden da 16 linee. Nonostante le difficoltà iniziali (guasti alle macchine e carenza di personale specializzato), la produzione aumentò rapidamente grazie alla formazione interna dei tecnici. Negli anni successivi l’azienda cambiò nome più volte: dal 1935 fu intitolata a Sergej Kirov e crebbe fino a 450.000 orologi l’anno. Durante la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica venne evacuata a Zlatoust, ma dopo il conflitto tornò a Mosca, inaugurando la produzione di nuovi modelli da polso come il Pobeda (dal 1946).

Poljot e l’era spaziale

Il volo di Yuri Gagarin del 1961 consacrò la prima fabbrica moscovita come culla degli orologi spaziali: al polso del primo cosmonauta c’era infatti un Sturmanskie creato proprio dalla First Moscow Watch Factory. Nel 1964, in omaggio a questa impresa eroica, tutti i modelli dell’azienda furono unificati sotto un unico marchio: Полёт (Poljot), che in russo significa “volo". Poljot divenne immediatamente il brand di punta dell’industria orologiera sovietica, ponendosi come simbolo del progresso tecnologico e della supremazia spaziale. Ogni cronografo o modello da polso recava ora con orgoglio questo nome dedicato all’innovazione aerospaziale

Il calibro cronografico Poljot 3133 e gli anni ’70

Negli anni ’70 la Prima Fabbrica acquistò in Svizzera macchinari Valjoux 7734, dando vita al celebre calibro Poljot 3133 Questo movimento cronografico manuale, con 23 rubini e circa 40 ore di riserva di carica, si basava sulla tecnologia svizzera ma veniva assemblato in URSS. Inizialmente pensato per scopi militari e aeronautici, il 3133 divenne presto il cuore di molti cronografi sportivi e da aviazione russi. La sua affidabilità e precisione conquistarono fama mondiale: come osservato da esperti del settore, il Poljot 3133 è «derivato dal calibro svizzero Valjoux 7734, 23 rubini e riserva ~40 ore… inizialmente usato da marina e aviazione russa» e oggi è «uno dei movimenti più rispettati e ricercati dagli appassionati». Negli anni ’70 e ’80, grazie a questo e ad altri meccanismi innovativi, la fabbrica produsse modelli leggendari (cronografi “Strela”, “Buran”, ecc.) che consolidarono il prestigio di Poljot nel mondo delle corse spaziali e dei cieli.

Declino post-sovietico e frammentazione del marchio

Con il crollo dell’Unione Sovietica finì anche l’era d’oro degli orologi Poljot. Nel 1992 la fabbrica moscovita fu trasformata in società per azioni, ma i problemi economici e gestionali si accumularono. Nel 1994 avvenne lo “spacchettamento” dell’azienda: nacquero diversi marchi derivati tra cui Poljot-International in Germania. La produzione russa originale diminuì progressivamente; nel 2005 l’assemblea dei soci decise di vendere i macchinari (compresi quelli del calibro 3133) e di porre fine alla manifattura Poljot made in Russia. In pratica il marchio storico cessò di essere produttore attivo, pur rimanendo un simbolo nel settore.

Poljot-International: un brand tedesco con anima russa

Nel frattempo, in Germania il marchio Poljot-International fu rilanciato da un’azienda di Francoforte. Fondata nel 1994 da Alexander Shorokhov, Poljot-International riprese le tradizioni del nome russo ma con nuove regole: design indipendente, materiali di pregio e controlli qualitativi rigorosi. Tutte le fasi di progettazione, assemblaggio e collaudo sono gestite in Germania, permettendo al marchio di conquistare una posizione di rilievo nel segmento medio e di esportare i suoi orologi in oltre 35 paesi nel mondo. Il risultato è una collezione contemporanea di orologi meccanici (cronografi, tourbillon, scheletrati, ecc.) che affondano le radici nello stile russo. Nonostante la produzione europea, Poljot-International “conserva il calore dell’anima russa” nelle proprie creazioni, come testimoniano i quadranti decorati con simboli storici e le edizioni limitate che omaggiano l’epopea sovietica.

Volmax e MakTime: gli eredi in patria

In Russia alcuni ex-dipendenti cercarono di salvare il patrimonio Poljot. Nel 2000 un gruppo di manager fondò la casa Volmax (con sedi tra Mosca e la Svizzera) per rilanciare brand legati alla prima fabbrica (Aviator, Buran, Sturmanskie) utilizzando proprio i movimenti Poljot originali. MakTime, società sorta nel 1996, raccolse invece i macchinari rimasti a Mosca per continuare la produzione del calibro 3133. Tuttavia il fallimento finanziario impedì a MakTime di acquisire i diritti sul marchio Poljot. Oggi Volmax detiene l’eredità dei cosmonauti: è infatti la sola azienda autorizzata a produrre in serie lo Sturmanskie “Gagarin”, versione moderna dell’orologio indossato da Yuri Gagarin in orbita.

Il cronografo russo “Moscow Rome ’92” in edizione limitata

Nella line-up odierna di Poljot-International spicca un modello storico in chiave vintage: il Cronografo Russo Poljot “Moscow-Rome 1992”. Prodotto originariamente nel 1992, questo orologio da aviazione commemorava la riapertura della storica rotta aerea Mosca–Roma. Incorniciato da una raffinata cassa in acciaio da 38 mm, il quadrante dorato porta le iscrizioni decorative “Moscow-Rome ’92” sulla lunetta e i riferimenti militari sulle sfere. Il cronografo monta il celebre calibro Poljot 3133 a carica manuale (23 rubini, 40 ore di carica). Questa edizione limitata fu realizzata in soli 10.000 esemplari: sul fondello si trova infatti il numero di serie di ogni singolo pezzo, che è unico. Inoltre l'orologio era corredato da un’elegante confezione originale in latta serigrafata con i loghi di Mosca e Roma, particolarità estremamente rara e ricercata dai collezionisti. Nel complesso, il “Moscow-Rome ’92” riassume lo spirito d’unione tra precisione tecnica svizzera, derivante dalle originali linee del Valjoux 7734, reincarnate nel Poljot 3133 ed il design estetico tipico di Poljot, rendendolo oggi un vero gioiello da collezione.

Curiosità e aneddoti

La storia di Poljot è ricca di curiosità e record che testimoniano l’importanza del marchio:

  • Il nome “Poljot” significa “volo” in russo scelta fatta nel 1964 per celebrare il primo volo spaziale sovietico.

  • Yuri Gagarin, diventato il primo uomo nello spazio nel 1961, indossava un orologio Sturmanskie Poljot durante la sua storica missione. Quel piccolo segnatempo a carica manuale (33 mm) si è guadagnato un posto al Museo della Cosmonautica di Mosca.

  • Alexei Leonov, primo uomo a uscire nella cosmonautica aperta (1965), portò al polso un cronografo Strela Poljot durante la sua passeggiata spaziale.

  • Produzione massiva: già nel 1951 la Prima Fabbrica di Mosca produceva oltre 1,1 milioni di orologi all’anno, un volume che allora la rendeva leader mondiale.

  • Trofeo d’Oro per la Qualità: tra il 1991 e il 1993 Poljot ricevette questo ambito riconoscimento internazionale. Fu un trionfo tardivo ma significativo alla fine dell’era sovietica, confermando l’eccellenza tecnica raggiunta dall’azienda.

Questi aneddoti mostrano come Poljot non sia stato solo un marchio di orologi, ma un vero e proprio simbolo nazionale Russo. Ancora oggi gli appassionati collezionano con fervore gli esemplari storici, testimoni di un’epoca irripetibile.

Conclusione

Dai primi esperimenti degli anni Trenta fino alle edizioni moderne che celebrano le glorie del passato, il marchio Poljot è sopravvissuto alle avversità politiche e ai cambiamenti di proprietà. Oggi Poljot vive in diverse forme: negli orologi di Poljot-International, nei modelli voluti da Volmax e nei cuori degli appassionati di tutto il mondo. La vicenda di Poljot dimostra come la passione orologiera russa sia sopravvissuta all’epoca sovietica, continuando a volare – letteralmente – nell’immaginario collettivo.

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